Una pausa pranzo “usa e getta”: la quantità di rifiuti è disarmante.

La Fase 2 e il ritorno graduale all’attività negli uffici sono legate a doppio filo con l’esigenza quotidiana di poter gestire un momento “topico” della giornata tipo di un impiegato: la pausa pranzo. Come si coniugano questa esigenza con la necessità di ridurre il più possibile i rifiuti prodotti giornalmente da ciascuno di noi? Agata Fortunato, funzionario della Città metropolitana di Torino, riflette sul tema con alcune amare considerazioni: “ Un solo giorno, un solo pasto, per una sola persona; la quantità di rifiuti prodotti è disarmante. Lo è per me che normalmente non utilizzo servizi di asporto/delivery, lo è per me che penso alla montagna di rifiuti prodotti normalmente per questo segmento di consumo, prospero non solo per la necessità contingente”. E le alternative No-waste, prosegue Fortunato sono praticamente inesistenti : “L’alternativa riutilizzabile in Italia è pressoché fantascienza, non utilizzata, non richiesta, non promossa, salvo poi inveire per i troppi rifiuti prodotti, per le difficoltà derivanti dalla loro gestione (per carenza di impianti, per i costi sempre crescenti, per gli impatti degli impianti esistenti)”. E per il futuro? Conclude Fortunato “ … il virus ci ha sorpreso incapaci di affrontare razionalmente l’emergenza e la spinta verso un modello di consumo tutt’altro che circolare è più forte che mai e chi dovrebbe indicarci una via d’uscita, ci spiega invece che tutto sommato basta che le stoviglie monouso siano compostabili.

Forse è davvero ora che ciascuno di noi faccia una profonda riflessione e agisca di conseguenza.

Fonte: Eco dalle Città

Nota: il racconto è stato scritto nella settimana precedente il 18 maggio, data in cui sono entrate in vigore le nuove norme del DPCM che regola la riapertura di bar e ristoranti anche al pubblico

 

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