Lo spreco alimentare è definito come il fenomeno della perdita di prodotti alimentari ancora commestibili. Questo ha forti impatti su diverse sfere: incide sul piano ambientale, energetico, economico e non dimeno quello etico. Gli studi più recenti che tentano di calcolarne l’impatto si articolano suddividendo il concetto di spreco alimentare in due parti, in base alla fase della catena di produzione e consumo nel quale esso si verifica. La perdita alimentare (food loss), secondo la definizione della FAO (Food and Agricolture Organization), è lo spreco lungo i primi anelli della catena dei prodotti (produzione, raccolta, stoccaggio e lavorazione) per il consumo umano. Lo spreco (food waste) si verifica invece negli ultimi anelli, a livello del commercio e del consumo.
Secondo il Food Loss Idex della FAO sul pianeta , nelle fasi che vanno dalla produzione fino alla vendita al dettaglio esclusa, si perde il 13,30% degli alimenti prodotti per l’essere umano (dati riferiti al 2020). Per quanto riguarda l’area dell’Europa meridionale, questo dato si attesta sul 7,10%, mentre i valori massimo e minimo sono il 4,60 % dell’Europa dell’Est e il 24,80% dell’Africa Occidentale. Una parte delle motivazioni può essere ricercata nella tipologia dei prodotti. Nell’Africa dell’Ovest la maggior parte dell’industria alimentare è incentrata sulle coltivazioni di frutta e verdura, prodotti il cui deperimento avviene molto rapidamente senza l’ausilio di dispositivi per la conservazione. Inoltre, il know how e l’innovazione tecnica in funzione dell’industria alimentare dei Paesi facenti parte di quest’area sono molto bassi. Nell’area dell’Est Europa, invece, le coltivazioni sono improntate sui cereali, ovvero beni con un tempo conservazione maggiore rispetto alla frutta e verdura e molto più facili da stoccare. In aggiunta , negli ultimi 10 anni le conoscenze tecniche delle aziende operanti in questi Paesi è migliorato grazie a cospicui investimenti. Le motivazioni più comuni che portano i produttori a generare food loss sono le seguenti:
- La paura di infestazioni da parassiti o fenomeni meteorologici estremi porta gli agricoltori a piantare più di quello che dovrebbero fornire. Il più alto costo di produzione è accettato da parte degli agricoltori in virtù dalla sicurezza ottenuta in caso di perdite di raccolto.
- Un grano di cattiva qualità o un prodotto che non soddisfa gli standard dei distributori (e quindi dei consumatori), di solito meramente estetici, viene scartato esacerbando il costo finale del prodotto, sia in termini economici sia etici e di sostenibilità.
- In condizioni di mercato sfavorevoli, per gli agricoltori è più conveniente sprecare i propri raccolti quando i guadagni non sono in grado di coprire i costi di manodopera, trasporto e imballaggio. Questa pratica è molto diffusa oggigiorno, dovuta a un mercato ricco di concorrenza a basso costo e a vincoli di produzione legati alla normativa.
Se si sposta il focus sul food waste, secondo il Food Waste Index Report dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), la situazione italiana è la seguente (dati riferiti al 2021): lo spreco medio pro capite a settimana è di 595,3 grammi. Questo dato pone la nostra nazione come il Paese più virtuoso tra quelli del G8, come si può osservare dal seguente grafico:
Spostando la lente di ingrandimento sulla nostra penisola, gli alimenti più sprecati sono:
- frutta fresca: 25,50g;
- insalata: 21,40g;
- pane: 20,00g;
- verdure: 19,50g;
- cipolle aglio e tuberi: 18,70 g.
Quali sono considerati come i principali aspetti negativi dello spreco alimentare? In cima alle nostre preoccupazioni c’è lo spreco di denaro, vissuto come l’aspetto più grave da oltre 8 italiani su 10 (85%). La gestione del cibo va quindi di pari passo con quella del bilancio familiare, ma si riflette anche sull’effetto diseducativo per i giovani, sull’immoralità intrinseca dello spreco alimentare e delle risorse, e sull’inquinamento ambientale.
Vi sono inoltre diverse tattiche per far fronte allo spreco alimentare. Tra le strategie di acquisto si trovano: acquisto periodico di prodotti a lunga scadenza e frequente di prodotti freschi; organizzazione del frigorifero e dispensa sulla base della scadenza dei prodotti acquistati; acquisto di piccoli formati o in generale di formati idonei alla grandezza del proprio nucleo famigliare; redarre una lista della spesa in funzione di un menù settimanale; privilegiare l’acquisto di prodotti a lunga conservazione. Le buone abitudini sul consumo dei prodotti sono invece: mangiare prima il cibo deperibile; valutare attentamente la quantità e quindi le porzioni prima di mettersi ai fornelli; conservare il cibo avanzato e riutilizzarlo in ricette successive; controllare se gli alimenti scaduti da un giorno o due siano effettivamente non più commestibili e quindi da buttare.
Quali potrebbero essere ulteriori soluzioni?
Oltre alle buone pratiche elencate, esistono diverse iniziative per ridurre lo spreco alimentare, sia da parte di privati che delle istituzioni. Le principali sono:
- Applicazioni: sul mercato ormai stanno prendendo sempre più piede app , che permettono di comprare alimenti che i commercianti o i negozi butterebbero via perché non considerati più “freschi” o di “giornata” ma ancora in perfette condizioni ed entro le date di scadenze. Un esempio che ha fatto molto clamore in Italia è l’app “Too Good To Go”. Per quanto riguarda frutta e verdura buttati in funzione dei canoni estetici dei consumatori si può usare “Babaco Market” o “Bella dentro” per il loro recupero. Sulla pagina beataladifferenziata.it è disponibile una lista di numerosi siti e app utili per combattere lo spreco alimentare.
- Agenda ONU: entro il 2030 l’ONU ha prefissato gli Obiettivi di Sostenibilità. La lotta contro lo spreco alimentare è il secondo obiettivo della lista in Agenda. L’ONU incentiva i Paesi con più spreco alimentare verso un’economia circolare e green, rispettando l’ambiente e l’etica.
- Farm to Fork: il cuore del European Green Deal, una strategia decennale che punta alla trasformazione del sistema alimentare rendendolo più sostenibile. Farm to Fork è il primo tentativo politico alimentare che preveda misure e regole per l’intera filiera alimentare, dai produttori ai consumatori. Gli obiettivi da raggiungere sono: avere un impatto ambientale neutro o positivo, contribuendo a mitigare il cambiamento climatico e l’adattamento ai suoi impatti; mitigare la perdita di biodiversità; garantire la sicurezza alimentare, la nutrizione e la salute pubblica assicurando che tutti abbiano accesso a cibo sufficiente, sicuro, nutriente e sostenibile; preservare l'accessibilità economica degli alimenti generando nel contempo ritorni economici più equi, promuovendo la competitività del settore dell'approvvigionamento dell'UE e promuovendo il commercio equo.
Anche in questo settore, è necessario tenere bene a mente il principio delle 3 R. Riduzione, Riuso e Riciclo, i tre pilasti su cui si fonda la trasformazione da Economia Lineare a Economia Circolare, sono infatti fondamentali per trovare una soluzione allo spreco alimentare.
Ulteriori informazioni per ridurre lo spreco di cibo si possono trovare sul nostro sito.
Alessio Haberstumpf